Sì, perchè è ora di sfatare il mito dell’artista che viene improvvisamente fulminato dall’ispirazione e solo dopo si mette al lavoro.
In realtà la giornata dell’artista, del pittore, della Crafter e di chiunque abbia a che fare con la creatività e con l’arte, è fatta di sperimentazioni, di dedizione, costanza e disciplina, il tutto condito con una buona dose di sbucciature di ginocchia e un litro di sacrosanta ostinazione, che gli permette di non mollare mai!
Per questo oggi ti voglio raccontare come è nato il nome IKOì, perchè dietro ad ogni nome, ad ogni prodotto, c’è una storia di cui vale la pena parlare.
Avevo deciso di fare sul serio, di mettermi in gioco e scavalcare ogni paura come il tizio della pubblicità dell’olio cuore scavalca la staccionata, e dare un’identità definitiva alla mia attività . Ormai era giunto il momento di fare un passo in più, ma serviva un nome.
Ed ecco appunto che l’ispirazione c’entra come un cavolo a merenda, già perchè sembra facile dare un nome ma in realtà così non è.
Non sono stata fulminata sulla via di Damasco e neppure mi si è accesa la lampadina in testa, ma ho passato settimane intere a riempire fogli, a cancellare e smembrare parole per poi ricostruirle.
Nel mentre pensavo a cosa volevo comunicare con quel nome, quale immagine volevo trasmettere, quale tipo di emozione volevo diffondere ma soprattutto quali materiali lo identificavano meglio.
Questi sono stati i miei punti di partenza
Da qui ho iniziato a roteare in bocca le parole che scrivevo, come se fossero caramelle, a modificarle mentre ne gustavo il suono e già qualcosa iniziava a prendere forma nella mia mente: era la parola INCHIOSTRO.
Per quanto ci girassi intorno, tornavo sempre a lei perchè era quella fra tutte che identificava meglio il mio brand :avevo trovato il fil rouge di tutto il mio lavoro!
Dovevo però contrarla, farla spiccia, facilmente memorizzabile.
INK. PERFETTO!
Il passo successivo è stato quello di stabilire qual’era l’altro componente principale. Ero io.
Da me nascono le idee che si trasformano in stampe e sono sempre io a dare all’inchiostro la forma più adatta attraverso i segni.
Da questo punto in poi, il lavoro si è fatto relativamente più semplice: come un prestigiatore o un sapiente matematico, ho eseguito somme e sottrazioni, optando alla fine per la prima.
Poi come un chirurgo ho asportato una N e infine ho ribaltato due lettere accentando l’ultima per dare più musicalità come un maestro d’orchestra.
Finalmente avevo trovato il mio nome, quello che calzava alla perfezione: era nato IKOì!